La patologia depressiva provoca esperienze dolorosissime, incomprensibili per chi non le ha provate e per le persone che non ne hanno consuetudine professionale.
Tale impossibilità di essere compreso nella profondità del proprio dolore accentua il senso di pena e di estraneità di chi soffre di depressione: consigli ed incoraggiamenti da parte di coloro che gli stanno intorno, ed ancor più gli inviti a reagire non hanno altro effetto che quello di aumentare la solitudine, la disperazione e la responsabilizzazione per qualcosa su cui il malato non ha alcun controllo.
La depressione patologica è enorme, non paragonabile con la tristezza normale. Non è valutabile attraverso il metro degli stati d’animo interni di chi non l’ha provata ed è inaccessibile ad ogni tentativo di controllo da parte del malato.
Il depresso avverte spesso come estremamente angosciosa la distanza tra l’esperienza interiore di povertà affettiva, rallentamento e arresto del fluire della vita, e la percezione di un mondo esterno ricco, vitale, inafferrabile e perduto di cui può essere solo spettatore. La sensazione di perdita di energie e vitalità, la percezione di confusione mentale, di incapacità a concentrarsi, prendere decisioni possono variare di intensità, ma rappresentano un sottofondo costante.
Si sviluppano paure alimentate dall’incapacità di controllare e arginare il flusso dei pensieri che tende a sopraffare il malato. La giornata che inizia porta con sé ansia e l’intollerabile peso delle attività da compiere, a cominciare dal lavarsi e vestirsi. Come è possibile trovare la forza per compiere queste azioni quando tutto appare svuotato e privo di senso?
Le conseguenze sulla vita del paziente e dei familiari sono estremamente dolose, ostaggi di una rete aggrovigliata di sentimenti di colpa, impotenza, rabbia e insofferenza.